-Piccolo corpo- e il lutto perinatale
-Piccolo corpo- e il lutto perinatale

-Piccolo corpo- e il lutto perinatale

Tempo fa vidi al cinema questo film -Piccolo Corpo- di Laura Samani (2021).

Ne rimasi profondamente colpita, al punto che ancora oggi, dopo mesi, risuona inme con tutta la sua grazia.

Narra la storia di Agata, giovane donna friulana in un’Italia antica e povera, nei primi del secolo scorso.

Agata partorisce un figlio, lo partorisce morto.

Ma non si arrende. “Lo rivedrò?” si chiede.

Un vecchio saggio dell’isola di pescatori in cui vive le dice che c’è un luogo, un monastero sulle montagne della Carnia, in cui ai bimbi nati morti viene dato un respiro, il tempo di battezzarli, di dargli un nome.

L’antica superstizione intrisa di stigma religioso diceva che i bimbi morti prima del battesimo fossero condannati a stare nel limbo, senza mai poter raggiungere il paradiso.

E Agata parte con la piccola cassa sulle spalle, ancora vestita nella simbiosi possibile di un contatto. Attraversa il bosco e nel bosco si perde. Lì incontrerà Lince, una strana creatura, fuori da ogni schema: sia uomo, che donna, essenza che guida.

Agata è una donna che si ribella, che sceglie di non rassegnarsi, che sceglie di attraversare il Dolore fino alla fine, fino alla carne.

Agata è una donna che si autodetermina, che sa amar-si, che sa amare questo figlio nei suoi segni vitali. Lo assume su di sé e lo trasforma da corpo morto a energia vitale che spinge a credere in un Legame Eterno.

E l’acqua fa da elemento di apertura e di chiusura: all’inizio è mare che lambisce i piedi della partoriente, alla fine è lago dentro cui immergersi nel rito sacro del lasciar andare.

Esistevano davvero i “Santuari del Respiro” su per l’arco alpino. Una tradizione centenaria che si è persa, tra le tante, lasciando ora le madri sole nell’elaborazione di un lutto oggi così poco riconosciuto.

La potenza del nominare come atto di riconoscimento dell’esistente.

Scrive Recalcati – L’amore è sempre amore per il Nome. Non è forse questo il miracolo dell’amore? La possibilità unica di unire il nome al corpo in modo indissolubile, di amare e di desiderare quel corpo come se fosse un nome, dunque come se fosse assolutamente insostituibile, fuori serie, e di desiderare quel nome, di sentire quel nome, di pronunciare quel nome con la stessa intensità, con la stessa forza pulsionale come se fosse un corpo

Anche nel vangelo di San Giovanni si legge – In principio era il Verbo

Prima ancora di essere un concetto intriso di religione, questo è un atto filosofico, ontologico, preverbale.

C’è un gesto che Agata compie e che è rimasto tatuato in me. Si sporca la faccia di carbone, prima di entrare nel tunnel che attraversa la montagna.

Lo fa per non essere più niente e dunque per poter andare oltre.

Il lutto prevede necessariamente questo passaggio, senza il quale si rischia di restare bloccati su un confine che non permette di evolvere fino in fondo.

Agata è un’espressione del mito di Antigone, ma invece di voler seppellire, lei desidera di-seppellire.

Come Antigone è donna di grande coraggio, pronta a tutto, anche a morire a sua volta, pur di onorare la vita nell’Amore.

Perchè poi, in quel poi che sa andare oltre, l’incontro possa essere ancora possibile.
L’attesa finale di un abbraccio mancato.
La tensione dell’andare verso che non potrà mai venire meno.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *