11 femminicidi dall’inizio del 2025: solo in questi giorni due giovanissime donne di 22 anni.
Ho due figli adolescenti, un maschio ed una femmina. Da più di vent’anni lavoro affianco a ragazzə: nella clinica, nella scuola, nell’educativa.
Ascolto i loro racconti, le loro esperienze, le loro testimonianze. Testimonianze di ricerca, di esplorazione, di tentativi falliti o meno nelle relazioni amicali, familiari, romantiche, sessuali. Fatiche del quotidiano a volte ripagate, a volte che rimangono tali.
In adolescenza le relazioni amicali e affettive sono quelle che permettono di venire via da un sistema familiare percepito ormai come troppo stretto, si tratta di legami vitali, che invitano a procedere nella crescita di competenze evolutive necessarie e preziose. Ancora oggi qualche adulto infelice definisce con toni sminuenti la relazione tra ragazzə “Ha trovato la ragazzina” come se si trattasse di qualcosa di superficiale, poco significativo, di breve durata.
Non è così: gli adolescenti si avventurano anche dentro lunghe relazioni. E quando non sono tali, pur essendo transitorie, hanno un impatto duraturo sul loro sviluppo. Li preparano a relazioni più mature e influenzano significativamente la loro autostima e i valori legati ai sentimenti, all’intimità e alla sessualità.
L’esperienza d’Amore è intrinsecamente legata alla fragilità, alla vulnerabilità. Questo a tutte le età, ancor di più quando si è ai primi tentativi. E la rabbia sembra essere un’emozione strategica, con cui ci si allea per difendere il proprio territorio incerto. A tratti però questa rabbia tracima in violenza.
E gli adolescenti agiscono la stessa violenza che vedono nei loro riferimenti adulti.
La scimmiottano, la imitano, la traducono in azioni che possono arrivare anche a veri e propri omicidi.
Violenza fisica, violenza sessuale, violenza psichica, a cui si aggiunge soprattutto tra i giovani la cyberviolenza come per esempio molestie verbali, pubblicazione di contenuto sessualmente esplicito senza consenso (revenge porn, vendetta porno), stalking, esclusione sociale, violazione della privacy, creazione di un falso profilo social per controllare il partner.
Volutamente in questo articolo entro nel dettaglio di definizioni e di percentuali, perchè è necessario fare più chiarezza possibile su questo tema, che si traduce in intollerabili tragedie quotidiane.
Dobbiamo prendere faticosamente atto che la violenza di genere esiste ancora identica a quella di cinquanta anni fa, che ancora oggi vige maschilismo e patriarcato.
Nelle coppie di adolescenti è la violenza psichica ad avere la meglio:
- soprattutto si tratta di forme di potere e controllo del partner come geolocalizzare, controllare con chi esce, decidere chi l’altro può accettare o meno come follower online, perseguitare,
- umiliazioni, insulti, urla,
- comportamenti manipolatori come la minaccia di togliersi la vita,
- comportamenti minacciosi come distruggere oggetti personali, minacciare di usare violenza verso il partner oppure su una persona cara,
- intrusione e invasione negli spazi personali dell’altro come pedinare, presentarsi senza avvertire o chiedere, chiamare ripetutamente; chiedere di inviare foto intime senza consenso,
- gaslighthing, ovvero una forma di abuso psicologico in cui una persona mette in dubbio la sua sanità mentale, i suoi ricordi o la sua percezione della realtà.
Talvolta a tutto ciò segue violenza fisica (es. picchiare, spingere, dare calci, pugni) e violenza sessuale (stupro, stupro di gruppo).
Studi recenti (che cito in fondo all’articolo) evidenziano che queste relazioni sono spesso influenzate da stereotipi di genere tradizionali.
Riporto dalla ricerca:
“Il 30% degli adolescenti sostiene che la gelosia è un segno di amore e per il 21% condividere la password dei social e dei dispositivi con il partner è una prova d’amore. Il 17% delle ragazze e dei ragazzi, tra i 14 e i 18 anni, pensa possa succedere che in una relazione intima scappi uno schiaffo ogni tanto.
E in effetti, quando si passa dalle opinioni alle esperienze, quasi uno/a su cinque (19%) di chi ha o ha avuto una relazione intima dichiara di essere stato spaventato dal/lla partner con atteggiamenti violenti, quali schiaffi, pugni, spinte, lancio di oggetti”
Numerose ricerche hanno analizzato come anche i media (pubblicità, programmi televisivi, film e serie) perpetuino immagini polarizzate dei ruoli maschili e femminili, spesso ancorate ai più tradizionali stereotipi di genere, talvolta risultando addirittura obsolete rispetto alla realtà attuale. Gli stereotipi fungono da gabbia di aspettative, una folle corsa a conformarsi con ideali di riferimento improbabili: ragazzi palestrati, ragazze pin-up. Il fenomeno stereotipico non si limita solo a influenzare gli immaginari legati ai corpi, alle professioni o ai comportamenti, ma modella anche il modo in cui le persone vivono le relazioni.
Sembra essere un processo diffuso tra i giovani considerare gelosia, possesso e controllo come ingredienti di una “relazione romantica” di coppia, giustificarli e allo stesso tempo attribuire una responsabilità alla vittima per la violenza subita. Come se la violenza venisse normalizzata, per poi essere ulteriormente amplificata sui social (anche attraverso la figura degli influencer) dove si polarizza ulteriormente: i maschi e le femmine, i carnefici e le vittime, ognuno chiuso nella propria bolla, in un ruolo predefinito rigido radicalizzato. Come se si fosse in una guerra mediatica in cui ognuno cercasse di affermare la propria parte. E i ragazzi in online rivendicano il diritto di ristabilire un limite sulla libertà sempre più integrata delle ragazze. La denigrano.
Trovo paradossale che oggi i ragazzə ricevano tutte le informazioni di prevenzione della violenza di genere, ma poi si muovono nel territorio dei social, dei media, in cui la figura del “bello e dannato” ancora affascina.
Due vite contemporanee, quella reale e quella digitale, che non si integrano.
I giovani di oggi sono sicuramente più consapevoli delle tematiche di genere, tuttavia, la continua presenza di stereotipi, la normalizzazione di comportamenti violenti e la carenza di risorse adeguate ci mostrano un quadro di una generazione che, pur essendo più informata, non ha ancora assimilato appieno e messo in pratica nuove forme di relazione.
Il filosofo Luciano Floridi nel 2014 ha coniato un neologismo che trovo interessante: onlife.
Si riferisce a una nuova visione della vita umana nell’era digitale, in cui le distinzioni tra vita online e offline diventano sempre più sfumate e difficili da tracciare. La digitalizzazione ha reso difficile separare ciò che facciamo nel mondo fisico, da ciò che facciamo nel mondo digitale su smartphone, social media e altre piattaforme. Si è sempre simultaneamente online ed offline, e in nome di questo anche le relazioni sociali delle persone adolescenti appaiono sempre più complesse e sfaccettate. Si aprono sfide come per esempio quella della gestione del tempo, dell’arte di stabilire confini, del discernere informazioni cruciali dalle distrazioni, del saper coltivare relazioni davvero significative, del rapporto con la propria immagine corporea.
La violenza maschile contro le donne è un problema strutturale e complesso che richiede interventi articolati e un approccio ecologico, per cui è necessario considerare diverse dimensioni: quella individuale e interpersonale, quella comunitaria e di gruppo, e quella istituzionale e sociale, insieme a tutte le loro interconnessioni. L’esigenza di intervenire anche sugli uomini che compiono atti di violenza, attraverso azioni a livello comunitario è oggi ampiamente riconosciuta.
E allora diventa necessario agire non solo sulla violenza, ma su tutto ciò che è prevenzione e promozione della parità e del rispetto di genere per insistere nel voler scardinare norme, consuetudini culturali, stereotipi distruttivi. È fondamentale introdurre nelle scuole programmi educativi obbligatori che forniscano agli studenti strumenti per gestire i sentimenti e la sessualità in modo sano, senza sopraffazione, dominio o violenza: l’Italia è tra i pochi Paesi Europei a non avere questo tipo di servizio nei programmi ministeriali. Tutto è lasciato alla sensibilità del singolo dirigente scolastica/docente. Questo non è più politicamente ammissibile.
I programmi scolastici devono includere stabilmente (sin dalla scuola dell’infanzia con programmi adeguati allo stadio di sviluppo) laboratori esperenziali sul tema della parità di genere e sulla soluzione non violenta dei conflitti. Dovrebbero essere previsti percorsi educativi, cerchi di parola sull’affettività, la parità di genere e il rispetto delle differenze, condotti da esperti in violenza di genere e progettati insieme ai docenti. E’ necessario dar vita ad un circolo virtuoso di una nuova generazione di uomini integrati e disposti a rinunciare ai secolari privilegi di dominio sulle donne, a favore di una nuova forma di comunicazione. Per poi educar-si soprattutto tra pari, attraverso la diretta testimonianza di modelli diversi e positivi.
Quando gli adolescenti sono stati intervistati sul tema della prevenzione, hanno indicato, in ordine di efficacia, i seguenti interventi:
- un numero telefonico gratuito specifico per denunciare o ottenere consigli e informazioni in caso di violenza;
- programmi di sensibilizzazione nelle scuole che coinvolgano insegnanti, studenti e famiglie sull’intero territorio italiano (al nord come al sud);
- la formazione dei docenti per permettere loro di riconoscere e gestire i primi segnali di rischio;
- maggiore conoscenza delle procedure di segnalazione;
- sportelli di aiuto scolastici.
Laddove la prevenzione non riesca ad agire per tempo, laddove il danno è già avvenuto, molte ragazze ad oggi non riescono a chiedere aiuto, sottovalutando i segnali, immerse dalla vergogna e dalla impotenza dell’esperienza subita. E’ da rafforzare il ponte della comunicazione tra la persona vittima e il mondo degli adulti competenti, in grado di comprendere la gravità di ciò che sta avvenendo. Questi adulti devono essere ovunque! E la politica, nella continua ridefinizione delle norme, deve fare la sua parte, fondamentale.
Basta non vedere! Basta sottovalutare!
“Ci vogliamo vive”!
Estraggo dalla cesta, nella moltitudine di materiale sul tema (grazie anche ad un paio di segnalazioni donate dalle mie pazienti):
1522 numero antiviolenza e stalking è un servizio gratuito aperto 24h su 24, promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità.
Casa delle donne per non subire violenza è un luogo a Bologna che accoglie qualsiasi donna che abbia subito o stia subendo violenza, e una “casa” di ospitalità
No alla violenza è un sito rivolto nello specifico alla violenza tra giovani, in particolare informa sui servizi a cui rivolgersi per chiedere aiuto e sostegno. offre spunti di riflessione e storie reali vissute da giovani coppie
Non una di meno movimento femminista e transfemminista nato nel 2016 che si batte contro ogni forma di violenza di genere
Centro senza violenza per uomini autori di violenza è uno luogo a Bologna che accoglie e offre programmi di trattamento per uomini autori di violenza
Rapporto “Adolescenti e violenza di genere onlife: le ragazze stanno bene?” ricerca di Save the Children e Ipsos, pubblicata a gennaio 2024 su un campione rappresentativo di 800 giovani di età compresa tra 14 e 18 anni con quote rappresentative dell’universo di riferimento per genere, età e area geografica
“Cose che ai maschi nessuno dice” di Alberto Pellai (ed. Feltrinelli 2024) è un libro che si rivolge direttamente ai ragazzi, aiutandoli a riflettere sulle aspettative sociali legate al ruolo maschile
“Bastava chiedere! 10 storie di femminismo quotidiano” di Emma (Ed. Laterza 2020) è un fumetto che raccoglie dieci storie di donne che, attraverso le loro esperienze personali, raccontano come il femminismo si manifesti nei piccoli gesti quotidiani, nei silenzi che finalmente vengono interrotti, nelle lotte per il rispetto e l’uguaglianza
-La piaga dei femminicidi- PresaDiretta inchiesta giornalistica di Rai3 mandata in onda 09/03/25 centrata sul tema del femminicidio di giovani vittime
Fleabag Serie Tv in cui la protagonista rifiuta il patriarcato, ma lo fa a modo suo, senza aderire a un ideale femminista canonico
Convenzione di Instanbul è un trattato internazionale adottato dal Consiglio d’Europa nel 2011, specificamente progettato per combattere la violenza contro le donne, che rappresenta una vera e propria novità in quanto stabilisce un insieme completo e coerente di norme legali e politiche