La Parola Significante
La Parola Significante

La Parola Significante

La Parola Significante

La parola-chiave di Jerome Liss fa ponte

con la parola evocativa di Roberto Assagioli

La parola ha un potere. E’ il ponte tra Io-Tu. Un Tu che può essere fuori di me oppure una parte di me.

Di per sé la parola è sempre portatrice di una domanda, che attende una risposta. Ha la forza evocativa del richiamo, alla ricerca dell’interlocutore, dell’altro da sé a cui poterla rivolgere. Dice la poetessa Chandra Livia Candiani: “Le parole sono il verso degli esseri umani, come per gli asini il raglio. Ho sperato tanto nelle parole, ho bussato tanto dentro le parole e ho anche spalancato le parole, ho fracassato, ho accarezzato. Bisogna coltivare una vera e propria passione per le parola che ancora possono raggiungere l’altro”.

Tra i tanti e preziosi insegnamenti che ho ereditato da Jerome Liss (mio maestro, nonché fondatore della Scuola di formazione di Biosistemica, presso la quale mi sono diplomata), il concetto di parola chiave è quello che ancora oggi è più presente nella mia pratica terapeutica.

Jerome mi ha accompagnato a stare nella relazione con sé e con l’altro, attraverso quello che lui definisce l’ascolto profondo: la sofferenza condivisa si trasforma, attraversa il blocco, trova un luogo in cui sostare nello spazio che si apre tra sé e l’altro, e lì sta, si può calmare, soprattutto là dove non incontra l’offerta di consigli, interpretazioni, distrazioni non richieste.

Elaborare la sofferenza significa dare espressione a ricordi ed emozioni dolorose, che possono emergere come onde. Se la condivisione è profonda, la sofferenza può concludere il suo ciclo, e solo allora è possibile godere di un pieno piacere.

La parola chiave si riferisce a quella parola speciale che dimora all’interno della narrazione di sé.

Se l’altro la coglie e la restituisce, può essere fonte di eco per chi l’ha prodotta e questo eco può risuonare ed aprire in nuove direzioni, come per esempio un’immagine, una metafora, un sentire nel corpo, un nuovo pensiero per libera associazione di idee.

Il dolore così si libera dalla morsa rigida in cui era racchiuso, pronto a sciogliersi in un processo di trasformazione.

La parole chiave risuona in me insieme alla parola evocativa di R. Assagioli (psichiatra italiano che ha fondato la Psicosintesi), che percepiva la psiche come una pellicola fotografica, continuamente impressionata da stimoli interni ed esterni.

Le parole sono simboli che stimolano ed evocano idee, pensieri. In nome di questo può essere terapeutico scegliere una parola che esprima le qualità che desideriamo evocare e sviluppare.

Come per esempio abbondanza, gioia.

E’ possibile scriverla su un post-it e posizionarla in uno, o più punti, degli spazi abitati, in modo da “inciamparci” spesso, anche in maniera involontaria. L’immagine visuale produce un’impressione sulla nostra psiche, o più precisamente sul nostro inconscio ricettivo, lavorando su di esso.

Può essere terapeutico anche posizionarsi volontariamente di fronte alla parola evocativa, lasciando emergere idee, immagini, qualcosa di nuovo rispetto a concetti mentali schematici, rigidi, improduttivi che inquinano la mente e le emozioni.

Gli strumenti nel lavoro psicoterapeutico sono parte della realizzazione della cura. Decodificare tra le tante proposte, parla dello stile che ogni psicoterapeuta ha nell’espressione del suo lavoro prezioso di accudimento della relazione.

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